Menin Umberto
MENIN UMBERTO
Menin Umberto ha maturato da autodidatta una lunga pratica del mestiere di pittore che continua a svolgere con la stessa grande passione, ponendo al centro dei suoi interessi il problema della forma. Egli, infatti, concepisce l’arte come un fare, un dar forma ad immagini concettuali, a pensieri ed emozioni.
La sua pittura parla dell’uomo e del suo contenitore: la città. La sfida che continuamente si pone è quella di conciliare la forma organica con la geometria, la passione con la razionalità. Se la città è il frutto della razionalità e soggetto ideale per la composizione geometrica, l’essere umano, al contrario, è il groviglio delle linee e delle passioni.
Dal 1987 Umberto è entrato in simbiosi con Calvino e l’opera le “Città invisibili”, poiché ancora oggi, a distanza di tanti anni, esemplifica il suo modo di fare pittura: la città è un simbolo complesso che offre le maggiori possibilità di esprimere la tensione tra razionalità geometrica e groviglio delle esistenze umane.
Nelle opere di Menin il punto di partenza è un soggetto riconoscibile, spesso ampio e complesso, sul quale compie successivi interventi di semplificazione formale fino alla definizione dell’elemento portante.
L’artista non libera la materia-colore dalla forma, che nei primi dipinti era più tesa. Sebbene il quadro sia sempre sorretto da una solida struttura compositiva, i suoi frammenti sono diventati delle finestre su scorci avvolti in atmosfere evanescenti e silenziose.
- Opere
- Biografia
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Menin Umberto ha maturato da autodidatta una lunga pratica del mestiere di pittore che continua a svolgere con la stessa grande passione, ponendo al centro dei suoi interessi il problema della forma. Egli, infatti, concepisce l’arte come un fare, un dar forma ad immagini concettuali, a pensieri ed emozioni.
La sua pittura parla dell’uomo e del suo contenitore: la città. La sfida che continuamente si pone è quella di conciliare la forma organica con la geometria, la passione con la razionalità. Se la città è il frutto della razionalità e soggetto ideale per la composizione geometrica, l’essere umano, al contrario, è il groviglio delle linee e delle passioni.
Dal 1987 Umberto è entrato in simbiosi con Calvino e l’opera le “Città invisibili”, poiché ancora oggi, a distanza di tanti anni, esemplifica il suo modo di fare pittura: la città è un simbolo complesso che offre le maggiori possibilità di esprimere la tensione tra razionalità geometrica e groviglio delle esistenze umane.
Nelle opere di Menin il punto di partenza è un soggetto riconoscibile, spesso ampio e complesso, sul quale compie successivi interventi di semplificazione formale fino alla definizione dell’elemento portante.
L’artista non libera la materia-colore dalla forma, che nei primi dipinti era più tesa. Sebbene il quadro sia sempre sorretto da una solida struttura compositiva, i suoi frammenti sono diventati delle finestre su scorci avvolti in atmosfere evanescenti e silenziose.